Le origini

Nel regno animale il senso dell'olfatto rappresenta un efficace strumento per l'acquisizione di informazioni dall'ambiente esterno. È noto come molte specie animali attraverso la percezione degli odori riescano a procacciarsi il cibo, a ricercare la compagna, a delimitare il proprio territorio. Addirittura, secondo il sociobiologo Edward W. Wilson, gli odori rappresentano la forma di comunicazione più antica avvenuta tra le cellule ancestrali di batteri primordiali, i primi segnali emersi nell'evoluzione della vita. Fin dalle prime speculazioni filosofico-scientifiche dell'antica Grecia la vista, con accanto l'udito, rappresentò il senso prediletto per la percezione e la conoscenza della realtà. Tra i cinque sensi l'olfatto era per Aristotele il più difficile da definire, in quanto esso si poneva come via di mezzo tra i sensi di 'contatto' - gusto e tatto - e i sensi di 'distanza' - vista e udito. Diverso fu invece l'approccio della vita pratica nell'antica Roma: il naso era ritenuto un organo di giudizio infallibile, l'olfatto un senso che non solo non poteva essere ingannato ma che, anzi, molto spesso portava alla luce gli inganni. Lucrezio ci racconta come le oche del Campidoglio salvarono Roma dai Galli nel 390 a.C. avvertendone l'odore e lanciando l'allarme. L'odore, infatti, è un segno rivelatore di identità. A differenza dei segni fisici che necessitano visibilità e vicinanza, l'odore può rivelare l'identità o la presenza di un soggetto anche a distanza. Plauto nel Curculio ci parla di una vecchia ubriacona in grado di scovare il vino lasciandosi guidare dal suo naso: "Costei avrebbe dovuto nascer cane: ha infatti un naso sagace". In latino sagax è chi ha un odorato fine, "sagace" è dunque chi ha buon naso e sagax per definizione è il cane. L'acutezza olfattiva, sagacitas, a Roma è un'intelligenza indiziaria, un metodo di indagine conoscitiva. Ancora oggi l'uomo definito sagace è proprio colui che ha le doti intuitive per eccellenza: l'investigatore. Non è un caso che a Roma quelli che avevano una narice ben definita e pulita venivano considerati sapienti, mentre quelli che avevano un naso gocciolante erano chiamati ignoranti, stolti. Dunque l'olfatto indica un'intelligenza diversa dallo sguardo razionale, un'intelligenza intuitiva ed esperienziale. Tant'è che Isidoro di Siviglia nelle Origini, pur non essendoci completa correttezza etimologica, individua  in ignarus il nome per l'uomo senza olfatto: "ignarus è l'uomo che ignora perchè è sine naribus, senza narici: per gli antichi odorare era infatti 'sapere'".